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Proteggere e curare
Omelia della Messa della Notte del Natale del Signore In questa notte c’è una parola che accomuna e conclude la prima e la seconda lettura: lo zelo. Un parola un po’ fuori moda che significa, dice il dizionario: «Fervido, operoso impegno che si spiega e si dimostra in una attività o per la realizzazione di un […]

Omelia della Messa della Notte del Natale del Signore

In questa notte c’è una parola che accomuna e conclude la prima e la seconda lettura: lo zelo. Un parola un po’ fuori moda che significa, dice il dizionario: «Fervido, operoso impegno che si spiega e si dimostra in una attività o per la realizzazione di un fine».

Impegno appassionato e ben finalizzato. Nella prima il personaggio zelante è Dio stesso: donerà un bambino speciale, che rifulgerà come luce sul popolo che vaga nella tenebre.

Nella seconda ad avere zelo è il popolo, formato da Dio per essere un popolo di cambiamento, gente che si lascia trasformare davvero: un popolo puro a cui interessa davvero solo fare il bene.

1. Lo zelo di Dio

Dio ci ha donato se stesso… ma in pochi se ne accorgono. Oggi un frate, tornato da commissioni varie e consegne di auguri, dice: "Fuori è pieno di luci e regali, ma il clima natalizio non si sente; la gente è nervosa, attaccata al cellulare; nell'aria si sentono parolacce e tensione."
La stessa cosa che accadeva a Betlemme: attorno al Bambino, ci sono solo Maria e Giuseppe. Poi arrivano un po’ di pastori. Ma il resto del mondo era… altrove.

In fondo viviamo in un mondo in cui sempre più spesso si chiama in ballo Dio solo quando succede qualche disgrazia, per chiedersi: Dove era Dio? Perché non ha fatto nulla? La gente è altrove rispetto a Betlemme.

 

Sono più di duemila anni che Dio ha scelto la via dell’“essere con”, piuttosto che quella di “stare a riva” e lanciarci il salvagente… e ancora fatichiamo ad accorgercene. Dio si è lanciato in mezzo alla nostra umanità e… rischia con noi e come noi. E’ come un bagnino di salvataggio che da solo deve salvare un popolo intero che sta affogando. Ci salva uno per uno e poi si fa dare una mano da quelli che ha salvati per salvarne altri. San Leone Magno a Natale predicava così: Il Figlio di Dio …, volendo riconciliare con il suo Creatore la natura umana, l’assunse lui stesso in modo che il diavolo, apportatore della morte, fosse vinto da quella stessa natura che prima lui aveva reso schiava. Il Bambino che era solo divino e ora è anche umano, è venuto per “fare la guerra” dalla nostra parte, con la nostra pelle e con le nostre armi. Ma con la sua strategia. L’umiltà e l’amore.

 

2. Lo zelo del popolo

L’umiltà e l’amore sono anche le risposte che trova il Dio Bambino venendo nel mondo. Lo zelo di un popolo nuovo, che comincia da una piccola e giovane famiglia. Giuseppe forse vorrebbe fare (solo) il marito (e nella sua condizione è una cosa già di per sé non molto facile) e si trova a dover combinare questo anche con i suoi doveri di cittadino. Si mette in viaggio con Maria, nonostante le condizioni di lei, e fa del suo meglio per proteggere la giovane sposa e la vita nascente. Umilmente conduce il grembo che porta Dio ad obbedire a leggi umane.

Di Maria il Vangelo ci riporta tre azioni forti e chiare: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce, lo depose in una mangiatoia».

Dio viene alla luce nella nostra carne bambina: per fare questo ha bisogno che qualcuno faccia la fatica di partorirlo e sappia prendersi cura di lui. Maria compie i gesti materni della cura, per farlo sentire a casa anche se casa non era… anche se era un posto da animali. Dio ha bisogno che da questa notte noi, il nostro popolo, tiriamo fuori lo zelo femminile e materno di Maria (amore) e quello paterno e maschile di Giuseppe (umiltà) per accogliere Gesù in questo mondo che non lo attende. Perché possa salvare noi e altri insieme con noi.

 

3. Protezione e cura

Le azioni di Giuseppe e Maria ci aprono la strada per esprimere il nostro zelo (amore umile) nei confronti di Gesù e - in fin dei conti - della nostra umanità. La presenza di Gesù oggi ha più che mai bisogno della cura di Maria e della protezione di Giuseppe.

 

In quale modo posso esprimere questo zelo? Con Maria. Ho bisogno di risvegliare lo stupore:

1) Dio ha deciso di salvarmi con me e facendosi come me, bambino. In questi giorni di festa, fermiamoci a pregare davanti al presepe di casa e guardiamo il bambino. I sensi del corpo aiutano e risvegliano i sensi dello spirito.

 

2) E questa sera, accostandoci alla comunione eucaristica, facciamoci piccoli piccoli: non stiamo ricevendo un biscotto, un premio o esercitando un diritto… è un dono puramente gratuito che non ci sarebbe se il Verbo non si fosse fatto carne. Ma è qui! Con Giuseppe.

 

Ho bisogno di dare verità e concretezza a questo zelo: vuole tradursi in azioni. Il popolo puro pieno di zelo per le opere buone, non è un gruppo di bonaccioni, ma di gente che virilmente sceglie il bene. Anche quando costa. Anche quando obbedire alla legge ti costringe a scomodarti con la moglie incinta, o pagare tasse non del tutto eque. Per esempio, proviamo a fare una scelta di «pace in terra agli uomini amati da Dio»: questa notte (o nei prossimi giorni… in modo più profondo) nello scambiarci il segno di pace, chiediamo perdono per le ferite che, nel corso di quest’anno, abbiamo lasciato soprattutto sulle persone care. E così facendo finiremo per diventare anche «angeli» per i pastori, cioè messaggeri per i nostri amici: per dire loro che la salvezza è arrivata, che la pace in terra può crescere grazie a Gesù.

Un Bambino che ti chiede che tu ti prenda cura e protezione di lui, perché possa essere per te Dio che ti cura e protegge.


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