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Non c'è altro modo per credere, se non meravigliarsi!
  di don Sebastiano Bertin Spero che tutti, leggendo le parole della prima lettura di questa domenica - "irrobustite le mani fiacche" e "ritorneranno i riscattati" e "gioia perenne risplenderà sul loro capo" - possiate sentirvi rinvigoriti, perché quando sono state scritte queste parole Isaia pensava alla liberazione del popolo dall'esilio, che in quell'epoca era […]

 

di don Sebastiano Bertin

Spero che tutti, leggendo le parole della prima lettura di questa domenica - "irrobustite le mani fiacche" e "ritorneranno i riscattati" e "gioia perenne risplenderà sul loro capo" - possiate sentirvi rinvigoriti, perché quando sono state scritte queste parole Isaia pensava alla liberazione del popolo dall'esilio, che in quell'epoca era talmente una cosa grande da non poter essere neanche paragonabile al gol di Grosso contro la Germania durante i mondiali del 2006! Una felicità indicibile...

Ma andiamo con ordine. Per prima cosa, dobbiamo capire perché Giovanni Battista spinge i suoi discepoli a chiedere a Gesù se è lui il Messia. È una domanda un po' scontata: è stato Giovanni a battezzare Gesù, ha visto Dio Padre che diceva che Gesù era il Figlio amato, e ha già detto a tutti che Gesù è il Messia. A cosa serve questa domanda?

È un po' come quando spingi qualcuno a chiedere una cosa che già sai: vicino alla casa dove sono nato c'è un capitello dedicato alla Madonna, e quando c'è stato l'anniversario della costruzione un uomo mi ha detto "chiedi a quell'uomo là chi ha costruito il capitello". Era un modo per mandarmi dal costruttore del capitello e farmi raccontare che era stato proprio lui... Insomma, Giovanni sa chi è Gesù, ma vuole che i suoi discepoli lo sappiano, anzi, lo scoprano. Forse vuole che se ne meraviglino.

Non c'è altro modo per credere, se non meravigliarsi! Nessuno si è mai innamorato se non è rimasto meravigliato da quella ragazza (o da quel ragazzo)! Anche chi inizialmente non sopportava il proprio futuro marito, prima o poi deve aver notato qualcosa di lui che l'ha meravigliata, accendendo qualcosa di nuovo.

Meraviglia e gioia sono imparentate, in qualche modo... Oggi celebriamo la gioia di credere, o la meraviglia di credere. Immagino che i discepoli di Giovanni, quando hanno sentito l'elenco dei fatti meravigliosi che ha compiuto Gesù, siano rimasti un po' meravigliati, siano rimasti un po' con gli occhi fuori dalle orbite e abbiano pensato che stava accadendo qualcosa di impensabile, una meraviglia senza precedenti.

C'è un sociologo, Max Weber, che ritiene che la diminuzione della fede nel nostro tempo sia dovuta alla perdita della capacità di meravigliarsi. In un certo senso è vero. Non ci meravigliamo quasi più del fatto che Dio esista, o che noi esistiamo...

Un'animatrice mi ha detto che accorgendosi che Dio ha a che fare con le nostre vite si è meravigliata. Questa scoperta le ha fatto decidere di credere, ha "irrobustito le mani fiacche" del credere un po' per inerzia, senza trasporto. È una meraviglia credere che Dio abbia pensato a ciascuno di noi, venendo nel mondo, e facendo in modo che potessimo riconoscerlo come Dio.

Dio non ha reso il mondo perfetto, è vero. E Gesù non ha guarito tutti i malati della Palestina... Eppure è un fatto incredibile che ci vuole dire in tutti i modi, in tutti i modi, di riaccendere lo stupore di avere un Dio. Che esiste, è presente e non è lui che genera il male, anzi, fa di tutto per combatterlo. La cosa ancora più meravigliosa è sapere che sarà qui tra noi, in un mondo non libero dai fatti tragici, ma amato da Lui. Così potremo avere ancora fede e gioire, irrobustendo le mani fiacche, con una felicità perenne.


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