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La preghiera di un piccolo cactus
- di Rachele Parisotto - Sabato, ore 9.20. Controllo il cellulare, leggo qualche commento su Facebook, ascolto un messaggio vocale di un’amica e ...sbam!! L'ennesima porta che mi si chiude in faccia! Nulla di grave, nulla di preoccupante o troppo serio, ma un nuovo piccolo rifiuto che si somma a tanti altri piccoli “no”. Subito […]

- di Rachele Parisotto -

Sabato, ore 9.20. Controllo il cellulare, leggo qualche commento su Facebook, ascolto un messaggio vocale di un’amica e ...sbam!! L'ennesima porta che mi si chiude in faccia!

Nulla di grave, nulla di preoccupante o troppo serio, ma un nuovo piccolo rifiuto che si somma a tanti altri piccoli “no”. Subito la testa parte e inizio a pensare: “eppure questa volta mi sembrava di essermi comportata in modo diverso”, “eppure questa volta ci sembrava di essere come gli altri mi volevano”.

Eppure, eppure, eppure… tanti eppure che sono terminati in una frase: “i tuoi sogni falliscono miseramente”, "non concludi mai nulla!" o meglio: “sei il solito cactus!”. Sì, cactus!! Il cactus ha le “braccia” aperte, ma quando viene abbracciato o abbraccia ferisce l'altro e lo fa scappare.

Questi pensieri hanno iniziato a circolarmi in testa, ma non potevo permettermi di esprimerli, non potevo permettermi di dimostrarmi triste, fragile, dispiaciuta o arrabbiata. Con questi pensieri e sentimenti in testa, l'unica cosa che ho fatto è stata gridare: “Se ci sei, fatti sentire!”.

E’ stato un grido di disperazione, ma senza credere troppo a quello che stavo dicendo perché il mio essere cactus non è solo nelle relazioni umane, ma anche con Dio. Erano ormai mesi che rifiutavo di incontrarLo pensando di farcela da sola. La frase che ho urlato quella mattina, non era una richiesta d'aiuto, ma una sfida: io, con tutte le mie spine, sfido Dio! Se ne sei capace entra nella mia giornata e fatti riconoscere!

Neanche 24 ore dopo ho avuto suoi "segnali": in un paesino vicino al mio è arrivata una reliquia di santa Rita (la mia santa preferita) e un'amica, che non sentivo da un paio di mesi, mi ha invitata a partecipare alla santa Messa con l’inizio della novena alla santa. Santa Rita, esempio di figlia, di sposa, di madre, di vedova, di suora, esempio di vita vissuta nella vocazione sincera, voleva invitare me, tramite un invito dell'ultimo minuto, ad incontrarla nella mia terra!

Domenica, ore 18.00. Eccomi davanti alla reliquia ad iniziare una novena per chiederle una grazia, ad incontrare il Signore e riconciliarmi con me stessa! Durante quella sera ho acquistato coraggio e compiuto gesti di affidamento. Qualcuno mi ha detto che il Signore si fa incontrare nella misura in cui noi vogliamo incontrarlo. Io quella domenica ho voluto incontrare il Signore e mi sono ripromessa di impegnarmi quotidianamente!

Nove giorni dopo, ormai al termine della novena, mi guardo indietro e mi rendo conto di quanto il mio atteggiamento stia cambiando: non più sfida, ma abbandono. Nove giorni dopo quel rifiuto ho dentro di me la promessa che ricevetti un paio d'anni fa: “E avverrà in quel giorno - oracolo del Signore - mi chiamerai: Marito mio, e non mi chiamerai più: Mio padrone.”
Da nove giorni mi ripeto “non domandarti il perché di quei rifiuti, il perché di quelle ferite, il perché di quegli abbandoni’, ma domandati per chi ti stai preparando".

Allora, con fiducia e gratitudine, ricomincio la mia ricerca della Felicità, quella felicità con la “F” maiuscola, che dà senso a tutto il resto. Cerco di essere meno “cactus “ per diventare una “corona preziosa nelle mani del Signore”.


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