Signore,
insegnami a non parlare come un bronzo risonante
o un cembalo squillante, ma con amore.
Rendimi capace di comprendere e dammi la fede che muove le montagne,
ma con l’amore.
Insegnami quell’amore che è sempre paziente e sempre gentile;
mai geloso, presuntuoso, egoista o permaloso;
l’amore che prova gioia nella verità,
sempre pronto a perdonare, a credere, a sperare e a sopportare.
Infine, quando tutte le cose finite si dissolveranno e tutto sarà chiaro,
che io possa essere stato il debole ma costante riflesso del tuo amore perfetto.
Amen.
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».
Giovanni Battista non è ancora nato e già esulta di gioia perché ha riconosciuto Gesù nel grembo di Maria, mentre Elisabetta accoglie Maria con una benedizione, e benedice il motivo della sua gioia, il frutto della sua fede. Facile è condividere il dolore, provare compassione. Più difficile è gioire per la felicità altrui, custodirla, lodare. L’amore non invidia, ma al contrario si rallegra delle gioie dell’amato, riconoscendo in quella felicità anche la propria benedizione.
E tu… sei capace di benedire con gioia Dio e le persone che ti stanno attorno?
Ti benedico, Signore, perché…